In difesa delle donne. Apologia mulierum di Pompeo Colonna

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A cura di: Franco Minonzio
Data di Pubblicazione: 2015
ISBN: 9788898238613
Pagine: 9-189
Collana: Gonfalon selvaggio

Recensione su “Archivi di Lecco e della Provincia” – Anno XXXVIII– n. 1 – giugno 2015, pp. 125-126

Nato a Roma nel 1479, uomo d’arme, aristocratico della più schietta tradizione romana, avviato alla carriera ecclesiastica per salvaguardare le posizioni dinastiche della famiglia, Pompeo Colonna divenne vescovo, nel 1508, sotto Giulio II, e cardinale nel 1517, sotto Leone X. La crescente ostilità politica verso Clemente VII, lo mosse a compiere una scorreria militare in Vaticano nel 1526, che aprì la strada l’anno dopo al Sacco di Roma delle armate imperiali. Ravveduto, contribuì alla liberazione del pontefice e fu artefice della sconfitta dei Francesi, assumendo le funzioni di viceré di Napoli, carica che tenne con severità che parve eccessiva. Destituito, morì nel 1632, forse di veleno. Scrisse, probabilmente nel 1529, questo trattato In difesa delle donne (Apologia  mulierum), dedicato alla cugina Vittoria Colonna. Il testo si inserisce nel ricco dibattito critico (tra gli altri, Capra, Castiglione e Giovio) dei primi decenni del ‘500 quando in Italia la crescita d’importanza di donne di condizione signorile (Elisabetta Gonzaga, Isabella d’Este, Lucrezia Borgia, etc.) impose alla discussione teorica l’identità e la dignità femminili nella società: un tema che Colonna sviluppa da posizioni egualitarie, rivendicando alla donna un ruolo nella vita amministrativa e politica. Un testo, l’Apologia mulierum, qui per la prima volta tradotto e commentato, che collide con l’immagine pubblica del suo autore, e mostra dunque, in tutta la sua evidenza, l’ambiguità dell’esistenza del Colonna, e la tragicità della sua figura, mossa da un destino cui non seppe contrapporsi, avvertendone tuttavia il dominio paralizzante con doloroso, impotente, pentimento. Al centro della riflessione di Colonna l’insistenza sul carattere non naturale, ma sociale e culturale, della diseguaglianza della donna nei confronti dell’uomo. . Anche concedendo una relativa inferiorità della donna quanto alla efficacia dei sensi, argomenta Colonna, nulla prova una presunta debolezza dell’intelletto. Ne consegue la centralità della cultura nella valorizzazione dell’ingegno. Esempi storici provano che le donne non dappertutto e in ogni età soggiacciono agli uomini: dunque, non è naturale e necessaria tale sudditanza.